Intervista rilasciata da Milani a Pravda
Testo integrale dell’intervista rilasciata da Mostafa Milani Amin a Costantino Ceoldo per il celebre quotidiano russo Pravda.
Come prima cosa, vorrei che ci parlasse dell’Imam Alì. Solo questa domanda implica una risposta enorme ma può almeno tratteggiare la figura di questo uomo?
Bisognerebbe parlare e scrivere per intere giornate di questo uomo meraviglioso e ancora non si riuscirebbe a descriverlo se non in una parte irrilevante di quello che merita. Avrebbe dovuto succedere al nobile Profeta Muhammad (S) per guidare l’umanità alle vette della virtù e della spiritualità, ma ahimè gli fu negato quello che gli spettava di diritto e cioè succedere al Profeta, un diritto annunciato e ribadito più volte dal Profeta stesso, soprattutto nel Giorno di Ghadir, al ritorno dal Pellegrinaggio d’Addio, l’ultimo pellegrinaggio della nobile vita del Sommo Messaggero di Allah. In quella occasione si erano riuniti migliaia di pellegrini e il Profeta annunciò loro Alì come suo immediato successore alla guida della Nazione Islamica. Alì era davvero degno di succedere al Profeta: era virtuoso e timorato, aveva un cuor di leone ed era incredibilmente coraggioso, ma allo stesso tempo era generoso e gentile, sollecito e indulgente. Legittimo ed immediato vicario del Profeta, suo cugino, genero e miglior compagno, era pronto a qualsiasi sacrificio per difendere la vita e l’onore del Profeta e dell’Islam. Era saggio e sapiente, coraggioso e potente, gentile e benevolo, insomma era un uomo completo e sublime che a capo della Nazione Islamica l’avrebbe guidata in modo da portarla alle vette del progresso e alla perfezione materiale e spirituale, o sicuramente ad una condizione migliore di quella che vediamo purtroppo oggi: pregna di ignoranza, divisione e deviazione.
Sciiti e Sunniti sono le due grandi famiglie dell’Islam, nate poco dopo la morte del profeta Muhammad. Come si giunse allo scisma che esiste ancor oggi?
Lo scisma è stato causato da quanto accaduto prima e dopo la dipartita del Sommo Profeta. Noi sciiti, in base a prove che riteniamo chiare ed inequivocabili, dimostriamo che il sommo Profeta Muhammad (S), più volte durante la sua vita, designò e indicò Alì ibn Abi Talib (pace su di lui), suo cugino, genero e più vicino compagno, come suo immediato successore. Questo può essere dimostrato sia attraverso le fonti sciite, ovviamente, che attraverso le due maggiori fonti accettate quasi all’unanimità dal mondo sunnita come fonti principali e di riferimento: il Muslim e il Bukhari. Questo per quanto riguarda il prima della dipartita del Profeta.
E per quanto riguarda il dopo?
Quelli che assistettero e furono testimoni delle diverse occasioni nelle quali il Sommo Profeta presentò Alì come suo immediato successore, si aspettavano che Alì succedesse al Profeta e diventasse il Califfo, l’Imam e la guida temporale e spirituale del mondo islamico, quindi sia un capo di stato che una guida spirituale. Purtroppo però questo non accadde, perché alcuni altri compagni del Profeta contestarono ad Alì la sua successione al Profeta, nonostante l’avessero già esplicitamente accettata prima della dipartita di questo ultimo. Vi sono fonti sunnite che narrano l’evento di Ghadir. La famosa frase che viene sempre ricordata: “Man Kuntu Mawlaa fa Haazhaa Aliyyun Mawlaa” è una delle frasi con le quali il Sommo Profeta ricordò e ordinò ai musulmani di seguire Alì e lo designò come suo successore. Essa significa: “Chi ha accettato me durante la mia vita come suo Mawlaa allora dopo di me dovrà accettare Alì come suo Mawlaa!”. Qui Mawlaa vuol dire signore, superiore, colui che decide le sorti. Questa frase è presente in quasi tutte le principali fonti sunnite. La maggior parte dei nostri fratelli sunniti traducono Mawlaa con amico. Ma come può significare soltanto amico? Cioè il Profeta avrebbe fermato tutti quei mussulmani, sotto il sole, in mezzo al deserto, per dire una cosa già evidente e nota a tutti?! Anche limitandosi a questa frase soltanto si comprende che c’è qualcosa di profondo. Nel Sermone dell’Addio ci sono molte altre frasi che dimostrano che il Profeta voleva Alì alla guida della Nazione Islamica subito dopo di sé e non invece dopo ventitré anni. Certe cose purtroppo non sono state narrate, ma esistevano nelle fonti sunnite, alcune forse sono state addirittura censurate, ma non voglio con questo entrare in polemica. Queste sono le principali ragioni dottrinali dello scisma che esiste ancora oggi e tuttavia molti giovani sunniti stanno scoprendo la verità: è l’era della libera circolazione delle informazioni e del sapere e nessuno può più nascondere nulla a nessuno.
L’Imam Alì fu ferito gravemente mentre era in preghiera all’interno di una moschea e morì giorni dopo ma il suo movimento continuò ad esistere diffondendosi sempre più. E’ corretto?
Sì, purtroppo anche lui fu vittima del terrorismo takfiri, quello dei fanatici tagliagole dei Khawarij che, ciechi dinanzi alle sua impareggiabile fede e virtù, lo consideravano addirittura apostata mentre consideravano invece se stessi immuni da ogni peccato e difetto. E lo stesso accade oggi: i figli spirituali dei Khawarij, gli immondi terroristi salafiti takfiri (ISIS, al-Qaedah, an-Nusrah, Boko Haram ecc.) massacrano i migliori mussulmani, gli amici e i seguaci del Profeta e di Alì e lo fanno esattamente come i loro deviati padri spirituali: nelle moschee, nei luoghi di culto, nei mausolei…
Nell’Imam Alì convissero qualità diverse non comuni in uomini occidentali. Sono state queste qualità a sancire la sua importanza nell’Islam?
Certo, è stata questa sua completezza e universalità a renderlo eterno nei cuori e nelle memorie, a farne un modello per tutti gli esseri umani liberi e giusti, ma una sua qualità lo ha reso particolarmente amato e rispettato: la sua immensa giustizia.
Perché la battaglia di Karbalà, così scontata nel suo esito finale avverso agli sciiti, è anche così importante nella Storia sciita e, più in generale, in quella musulmana?
Perché è un sublime e perfetto modello di sacrificio e lotta contro i tiranni, per tutta l’umanità e in tutte le epoche. In questa lotta non ci devono essere eccessi e difetti, crudeltà e disumanità: è una lotta giusta, saggia, equilibrata, diligente ed efficace, non crudele, violenta e irragionevole. Se solo i mussulmani lo capissero ed lo apprezzassero, oggi le loro terre non sarebbero nelle mani dei loro nemici e la Palestina non sarebbe occupata dal sanguinario ed illegittimo regime sionista di Tel Aviv. Purtroppo, la maggior parte dei mussulmani nel giorno di Ashurà, invece di ricordare Karbalà, invece di rammentare questo sublime e perfetto modello di lotta contro il male e i tiranni, festeggia e digiuna ed è questo il vero problema e dramma del mondo islamico.
Che significa essere “sciita” oggi?
Significa, prima di ogni cosa, essere in primissima linea nella lotta contro l’ingiustizia e il terrorismo, il resto è secondario: la lotta contro il male e l’ingiustizia è invero la spina dorsale dell’Islam! Senza di essa si finisce per avere una fede sbiadita e smidollata o, peggio ancora, diventare aridi e bacchettoni e cadere inevitabilmente nel baratro del fanatismo e del terrorismo. Ovviamente prima di mettere piede nel campo della battaglia contro i nemici e i tiranni esteriori, bisognerebbe essere già usciti vittoriosi da quello della Lotta Suprema, quella contro i nemici e i tiranni interiori: le passioni e gli istinti umani.
Desidero concludere con un paio di domande che si discostano dal tema dell’intervista ma che sono lo stesso interessanti.
Cosa insegna il Nobile Corano sul silenzio di Dio e il Male nel mondo?
Insegna questo:
لَهُ مُعَقِّباتٌ مِنْ بَيْنِ يَدَيْهِ وَ مِنْ خَلْفِهِ يَحْفَظُونَهُ مِنْ أَمْرِ اللَّهِ إِنَّ اللَّهَ لا يُغَيِّرُ ما بِقَوْمٍ حَتَّى يُغَيِّرُوا ما بِأَنْفُسِهِمْ وَ إِذا أَرادَ اللَّهُ بِقَوْمٍ سُوْءاً فَلا مَرَدَّ لَهُ وَ ما لَهُمْ مِنْ دُونِهِ مِنْ والٍ
Per lui [l’uomo]1 vi sono [angeli] succedentisi innanzi a lui e dietro di lui, che lo proteggono per ordine di Allah. In verità Allah non cambia ciò che v’è in una gente finché essi non cambiano ciò che v’è in loro stessi2, e quando Allah vuole del male per una gente, ebbene, non v’è alcun ritorno per esso, e al di là di Lui non v’è per essi alcun wālī [signore]3.
(Sacro Corano 13:11)
Allah non permette affatto il male nel senso di ordinarlo o agevolarlo o aiutare gli iniqui e i colpevoli a commetterlo: Egli ha creato una creatura sublime, l’essere umano, dandogli libero arbitrio e libertà di pensiero. Gli ha ordinato solo e soltanto il bene, guidandolo solo e soltanto alla virtù. Gli ha anche dato una libertà di scelta che non è assoluta e sarebbe assurdo accettare questa libertà data da Allah ed allo stesso tempo pretendere da Lui che impedisca ogni peccato e male delle Sue creature, aspettarsi cioè che Lui sbarri la strada a chiunque voglia commettere un qualsiasi peccato! Allah guida solo al bene e finché le Sue creature vogliono seguire la Via del Bene, vengono da Lui guidate ed aiutate, ma quando si incalliscono nel male e nel peccato, Egli concede loro del tempo, ma poi le punisce e le cancella dalla faccia della terra, come è a molti popoli iniqui del passato.
Chiaramente, conosciamo il Male manifesto ma non quello scambiato per Bene o quello che addirittura è stato impedito dall’azione di Dio e di cui l’uomo ignora tutto…
Il criterio è questo: tutto ciò che proviene da Dio è bene, anche se può sembrare male e tutto quello che proviene dalle nostre passioni ribelli è male, anche se può sembrare bene. Rimane il problema di sapere che cosa proviene da Dio e che cosa viene invece dalle nostre passioni ribelli e questa è materia della Religione, ma di quella vera ed autentica, che viene da Dio ed è perciò bene, mentre quelle false e inventate per ingannare e sfruttare le masse, sono male, appunto perché provengono da istinti bassi e vili.
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Riguardo al nome al quale si riferisce questo pronome, si fanno diverse ipotesi: alcuni dicono che si riferisce a ognuno dei pronomi relativi “chi” che compaiono nel versetto precedente (chi cela…chi la rivela…chi, egli è nascondentesi…[chi, egli è] andante…), altri sono dell’idea che si riferisca al nome divino “Sciente dell’Invisibile e del Visibile” che compare nel nono versetto della presente sura, altri invece sostengono che si riferisca al sommo Profeta, del quale parla il settimo versetto della presente sura, nell’espressione “tu sei solo un ammonitore” (Majmaºu-l-bayān, vol. 6, pag. 431). Il Tibiyān (vol. 6, pag. 227), dopo aver ricordato queste tre ipotesi, afferma: «Sembra che il sacro Corano, [con l’espressione “lahū muºaqqibāt” (da noi tradotta con “per lui [l’uomo] vi sono [angeli] succedentisi”)] voglia dire “per l’uomo vi sono [angeli] succedentisi”, e questa è l’ipotesi più accreditata».
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Il Tibiyān (vol. 6, pag. 228) interpreta la celebre frase coranica “inna-l-Lāha lā yuġayyiru mā bi qawmin ĥattā yuġayyirū mā bi anfusihim” (da noi tradotta con la frase: “In verità Allah non cambia ciò che v’è in una gente finché essi non cambiano ciò che v’è in se stessi”), nel seguente modo: “In verità Allah non toglie ad una gente un dono finché essi non commettono peccati a causa dei quali si rendono meritevoli del castigo [divino]; in tali condizioni Egli li punisce e cambia, altera i doni a loro concessi [in ira e castigo]”.
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In base a quanto affermano alcuni esegeti, il termine “wālī” assume qui il significato di “waliyy”, che noi traduciamo con “signore” (Rawđu-l-jinān, vol. 11, pag. 198).
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