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Breve biografia del martire ayatollah Morteza Motahhari

Questo testo intende fornire al lettore un ragguaglio generale della vita dell’Ayatullah Morteza Motahhari e dei tratti salienti della sua persona in quanto autore di innumerevoli testi che ebbero il pregio eccezionale di spiegare in maniera esaustiva l’Islam Sciita e le sue dottrine non solo in quanto a se stesse ma anche paragonandole alle dottrine filosofiche e politiche dell’epoca classica e contemporanea.

L’Ayatullah Morteza Motahhari (q.d.s.)1, uno dei principali artefici del nuovo risveglio islamico in Iran, nacque a Fariman il 2 Febbraio 1920, allora un villaggio ed oggi una città a circa sessanta chilometri da Mashhad, il grande centro di pellegrinaggio e insegnamento sciita nell’est dell’Iran2.

Suo padre era Mohammad Hosseyn Motahhari, un rinomato sapiente che studiò a Najaf e trascorse molti anni in Egitto e nell’Hijaz prima di ritornare a Fariman. L’anziano Motahhari era di una mentalità differente rispetto a suo figlio che però lo superò in qualità di fama e sapienza. Il padre era assai devoto all’opera del celebre tradizionista Mulla Muhammad Baqir Majlisi (q.d.s.), mentre suo figlio, tra i sapienti della Shi’a del passato, era particolarmente legato al teosofo Mulla Sadra (q.d.s.).

L’Ayatullah Motahhari ha tuttavia avuto sempre un grande rispetto ed affetto per suo padre, che fu il suo primo insegnante, ed a cui dedicò uno dei suoi più popolari libri, “Dastan-e Rastan” (“L’epica dei Giusti”) pubblicato per la prima volta nel 1960, e scelto poi nel 1965 come libro dell’anno dalla Commissione Nazionale Iraniana per l’UNESCO3.

All’età di dodici anni Motahhari iniziò i suoi studi religiosi formali nella Hawza (centro tradizionale di studi islamici) di Mashhad, che si trovava in uno stato di declino in parte per ragioni interne e in parte a causa delle misure repressive condotte da Reza Khan, il primo autocrate Pahlavi, contro tutte le istituzioni islamiche. A Mashhad Motahhari scoprì il suo grande amore per la filosofia, la teologia e la gnosi, un amore che lo accompagnò per l’intero corso della sua vita e che ha dato forma alla sua intera visione sulla religione:

“Ricordo che quando iniziai i miei studi a Mashhad ed ero alle prese con l’apprendimento dell’arabo elementare, i filosofi, gli gnostici e i teologi mi impressionavano molto più di altri sapienti e scienziati, come gli inventori ed esploratori. Naturalmente non avevo ancora familiarità con le loro idee, ma li vedevo come i pionieri del pensiero umano”4.

Di conseguenza, la figura che a Mashhad suscitò grande devozione in Motahhari fu Mirza Mahdi Shahidi Razavi (q.d.s.), un insegnante di filosofia; ma Razavi morì nel 1936, prima che Motahhari raggiungesse l’età per partecipare alle sue lezioni, e fu in parte per questo motivo che lasciò Mashhad l’anno successivo per unirsi al crescente numero di studenti che si trovavano nella Hawza di Qom.

Grazie alla saggia direzione di Shaykh ‘Abdul Karim Ha’eri (q.d.s.), Qom era sul sentiero di diventare la capitale intellettuale e spirituale dell’Iran Islamico, e Motahhari fu qui abile a trarre beneficio dagli insegnamenti di una vasta gamma di sapienti. Egli studiò Fiqh (giurisprudenza islamica) e Usul5 – le materie fondamentali del curriculum tradizionale – con l’Ayatullah Hujjat Kuh-kamari (q.d.s.), l’Ayatullah Seyyed Muhammad Mohaqqeq Damad (q.d.s.), l’Ayatullah Seyyed Muhammad Reza Golpayegani (q.d.s.) e Hajj Seyyed Sadr al-Din as-Sadr (q.d.s.). Ma più importante di tutti essi era l’Ayatullah Borujerdi (q.d.s.), il successore di Ha’eri alla direzione della Hawza di Qom. Motahhari partecipò alle sue lezioni dal suo arrivo a Qom nel 1944 fino alla sua partenza per Teheran nel 1952, e nutriva un profondo rispetto nei suoi confronti.

Una fervente devozione e una stretta affinità caratterizzarono la relazione di Motahhari con il suo primo mentore a Qom, l’Imam Ruhollah Khomeyni (q.d.s.). Quando Motahhari arrivò a Qom, l’Imam Khomeyni era un giovane insegnante, ma era già emerso tra i suoi contemporanei per la profondità e completezza della sua visione islamica e la sua capacità di convogliarla agli altri. Tali qualità si manifestarono nelle celebri lezioni sull’etica (akhlaq) che egli tenne a Qom agli inizi degli anni ’30. Queste lezioni attirarono un vasto pubblico, all’interno quanto al di fuori della Hawza, ed ebbero un profondo impatto su tutti coloro che vi partecipavano. Motahhari fece la sua prima conoscenza con l’Imam Khomeyni durante queste lezioni:

“Quando migrai a Qom, trovai l’oggetto del mio desiderio in una personalità che possedeva tutte le caratteristiche di Mirza Mahdi (Shahidi Razavi) in aggiunta ad altre che le erano peculiari. Compresi che la sete del mio spirito sarebbe stata placata dalla pura primavera di questa personalità. Sebbene non avessi ancora completato le fasi preliminari dei miei studi e non fossi ancora qualificato per intraprendere lo studio delle scienze intellettuali (ma’qulat), le lezioni sull’etica tenute da questa amata personalità ogni giovedì e venerdì non erano ristrette all’etica nel senso freddo, accademico, bensì legate alla gnosi e allo sviluppo spirituale, e quindi mi coinvolsero. Posso dire senza esagerazione che queste lezioni suscitavano in me un’estasi tale che il loro effetto mi accompagnava fino al lunedì o martedì successivi. Un’importante parte della mia personalità intellettuale e spirituale si è formata in un periodo di dodici anni con questo maestro divino (ostad-e elahi) [in riferimento all’Imam Khomeyni]”6.

All’incirca nel 1946 l’Imam Khomeyni iniziò ad insegnare a un piccolo gruppo di studenti, che includeva sia Motahhari sia il suo compagno di stanza alla Madreseh Feyziyeh, Montazeri, due testi filosofici chiave, l’Asfar al-Arba’a di Mulla Sadra (q.d.s.) e il Sharh-e-Manzuma di Mulla Hadi Sabzwari (q.d.s.). La partecipazione di Motahhari a questo gruppo, che continuò a incontrarsi all’incirca fino al 1951, gli consentì di stringere legami più intimi con il suo maestro. Sempre nel 1946, sotto la spinta di Motahhari e Montazeri, l’Imam Khomeyni impartì il suo primo corso formale di Fiqh e Usul, prendendo il capitolo sulle prove razionali dal secondo volume del Kifayatal Usul di Akhund Khorasani come suo testo di insegnamento. Motahhari seguì assiduamente il suo corso, proseguendo nel contempo i suoi studi di Fiqh con l’Ayatullah Borujerdi.

Nei primi due decenni del dopo-guerra a Qom l’Imam Khomeyni formò numerosi studenti, che divennero in seguito le guide della Rivoluzione Islamica e della Repubblica Islamica, in modo tale che attraverso essi (oltre che direttamente), l’impronta della sua personalità fu visibile in tutti gli sviluppi chiave del decennio scorso. Ma nessuno tra i suoi studenti coltivò con l’Imam Khomeyni la stessa relazione di affinità come Motahhari, un’affinità testimoniata dallo stesso Imam.

Il pupillo e il maestro condivisero un attaccamento profondo riguardo a tutti gli aspetti della sapienza tradizionale; una visione completa dell’Islam come sistema totale di vita e credo, con particolare importanza prestata ai suoi aspetti filosofici e gnostici; assoluta lealtà alla Hawza, temperata dalla consapevolezza della necessità di riforma; desiderio di un completo cambiamento sociale e politico, accompagnato da un grande senso di strategia e di tempi; una capacità di uscire al di fuori del circolo dei religiosi tradizionali, e ricevere l’attenzione e lealtà degli intellettuali moderni.

Tra gli altri eminenti maestri che influenzarono Motahhari a Qom vi era il grande esegeta del Corano e filosofo, l’Ayatullah Seyyed Muhammad Hosseyn Tabataba’i (q.d.s.). Motahhari partecipò sia alle lezioni di Tabataba’i sul Shifa’ di Abu ‘Ali Sina (Avicenna) che tenne tra il 1950 ed il 1953, sia agli incontri che avevano luogo sotto la sua direzione il giovedì pomeriggio. Il soggetto di questi incontri era la filosofia materialista, una sorprendente scelta per un gruppo di sapienti tradizionali. Motahhari stesso aveva nutrito un interesse critico verso la filosofia materialista, specialmente il marxismo, subito dopo aver intrapreso lo studio formale delle scienze intellettuali.

In accordo alle sue memorie, intorno al 1946 iniziò lo studio delle traduzioni in lingua persiana della letteratura marxista pubblicate dal partito Tudeh, la maggiore organizzazione marxista in Iran e a quel tempo importante forza sulla scena politica. In aggiunta, egli lesse gli scritti di Taqi Arani, il maggiore teorico del partito Tudeh, oltre alle pubblicazioni marxiste in lingua araba provenienti dall’Egitto.

Inizialmente ebbe alcune difficoltà nella comprensione di questi testi, non avendo familiarità con la terminologia filosofica moderna, ma dopo un notevole sforzo (che includeva l’elaborazione di una sintesi del “Principi Elementari di Filosofia” di Georges Pulitzer), riuscì a padroneggiare l’intero soggetto della filosofia materialista. Questa padronanza lo rese una figura assai influente nel circolo di Tabataba’i e successivamente, dopo il suo trasferimento a Teheran, un combattente efficace nella lotta intellettuale contro il marxismo e le interpretazioni dell’Islam influenzate dal marxismo.

Numerosi saggi critici del marxismo sono stati pubblicati nel mondo islamico, tanto in Iran quanto altrove, ma quasi tutti hanno fallito nell’andare oltre le ovvie incompatibilità del marxismo con il credo religioso e i fallimenti e l’inconsistenza dei partiti politici marxisti. Motahhari, al contrario, è andato alle radici filosofiche della questione e dimostrato con una logica rigorosa le contraddizioni e la natura arbitrariamente ipotetica dei principi chiave del marxismo.

I suoi scritti polemici sono caratterizzati più da una forza intellettuale che retorica o emotiva. Tuttavia, per Motahhari la filosofia era ben altro che un giocattolo polemico o una disciplina intellettuale; si trattava di un particolare tipo di religiosità, una via di comprensione e formulazione dell’Islam. Motahhari appartiene infatti alla tradizione filosofica sciita che risale almeno a Nasir ad-Din Tusi, una delle sue maggiori fonti di ispirazione.

Dire che la visione dell’Islam di Motahhari era filosofica non implica che egli mancasse di spiritualità o fosse determinato a subordinare i dogmi rivelati alle interpretazioni filosofiche e imporre la terminologia filosofica a tutti i domini riguardanti la religione; significa piuttosto che egli vedeva l’ottenimento della conoscenza e la comprensione come il primo obiettivo e beneficio della religione e per questo motivo diede alla filosofia una certa preminenza tra le discipline coltivate nella Hawza. Così egli contrastò sia quei numerosi sapienti per i quali il Fiqh era l’inizio e la fine del curriculum, che i modernisti, per i quali la filosofia sarebbe un’intrusione ellenistica nel mondo dell’Islam, e anche tutti coloro il cui ardore rivoluzionario aveva reso impazienti verso un accurato pensiero filosofico7.

La particolare scuola filosofica a cui aderiva Motahhari era quella di Mulla Sadra, la “filosofia trascendente” (hikmat muta’aliya) che cerca di combinare il metodo gnostico con quello della deduzione filosofica. Motahhari era un uomo di disposizione tranquilla e serena, tanto nel suo comportamento generale quanto nei suoi scritti. Anche quando si addentrava in polemiche, egli era invariabilmente cortese e usualmente si asteneva dall’utilizzare un lessico emotivo e ironico. Ma tale era la sua devozione per Mulla Sadra che egli lo difendeva appassionatamente anche contro critiche lievi e accidentali, ed egli scelse per il suo primo figlio – come per la casa editrice di Qom che pubblicava le sue opere – il nome Sadra.

Nella misura in cui la scuola filosofica di Sadra tenta di fondere i metodi di illuminazione interiore e riflessione intellettuale, non è sorprendente che sia stata soggetta a varie interpretazioni da parte di coloro che erano più inclini a un metodo piuttosto che all’altro. A giudicare dai suoi scritti, Motahhari appartiene a coloro per i quali la dimensione intellettuale della scuola di Sadra era predominante; vi è poco del tono gnostico o marcatamente spirituale rintracciabile in altri esponenti del pensiero di Sadra, forse perché Motahhari vedeva le proprie esperienze interiori come irrilevanti nel compito di istruzione che si era assunto, o addirittura come un segreto intimo da celare. Più probabilmente, tuttavia, questa predilezione per una dimensione strettamente filosofica della “filosofia trascendente” era un’espressione dello stesso temperamento e genio di Motahhari. A questo riguardo egli differisce profondamente dal suo grande mentore, l’Imam Khomeyni, il quale in molti pronunciamenti politici si esprime con un linguaggio e un’attitudine propri della gnosi e della spiritualità.

Nel 1952 Motahhari lascia Qom per Teheran, dove sposa la figlia dell’Ayatullah Ruhani (q.d.s.) ed inizia ad insegnare filosofia presso la Madreseh Marwi, una delle principali istituzioni di insegnamento religioso nella capitale. Non si trattava dell’inizio della sua carriera di insegnante, perché già a Qom aveva cominciato l’insegnamento di alcune materie – logica, filosofia, teologia e giurisprudenza – mentre egli stesso era ancora studente. Pare però che Motahhari sia diventato progressivamente impaziente verso una certa ristretta atmosfera di Qom, con la faziosità prevalente tra alcuni degli studenti e i loro insegnanti, e con la loro lontananza dalle preoccupazioni della società. Le sue stesse prospettive future a Qom erano piuttosto incerte.

A Teheran Motahhari trovò un campo più soddisfacente per le attività religiose, educative e infine politiche. Nel 1954 venne invitato a insegnare filosofia alla Facoltà di Teologia e Scienze Islamiche dell’Università di Teheran, dove insegnò per ventidue anni. La regolarizzazione della sua designazione prima, e la sua promozione a professore poi, vennero ritardate dalla gelosia di colleghi mediocri e da considerazioni di natura politica (la vicinanza di Motahhari all’Imam Khomeyni era ben nota).

Ma la presenza di una figura come Motahhari in un’università secolare era significativa ed efficace. Molte persone con un retroterra di Madresah giunsero a insegnare nelle università, e si trattava in genere di persone di grande erudizione, ma quasi senza eccezione esse abbandonarono la visione islamica, insieme con il loro turbante e mantello. Motahhari, al contrario, arrivò all’università come un articolato e convinto esponente della scienza e sapienza islamica, quasi come un inviato della Hawza all’insegnamento secolare. La risposta fu molto positiva. Fu come se Qom avesse funzionato quale motore pedagogico sulla sua personalità, mentre a Teheran egli dovette manifestare pubblicamente le sue potenzialità.

Oltre a costruire la sua reputazione come insegnante universitario popolare ed efficace, Motahhari partecipò nelle iniziative di numerose associazioni islamiche di professione (anjomanha) che nacquero sotto la supervisione di Mahdi Bazargan e dell’Ayatullah Taleqani (q.d.s.), insegnando ai loro medici, ingegneri, professori e aiutando a coordinarne le attività, e un certo numero di opere di Motahhari consiste infatti nelle trascrizioni rivedute di serie di lezioni tenute presso associazioni islamiche.

La volontà di Motahhari di una più ampia diffusione della conoscenza religiosa nella società e un più effettivo coinvolgimento dei sapienti religiosi negli affari sociali lo portò nel 1960 ad assumere la guida di un gruppo di ‘Ulama di Teheran conosciuto come “Anjoman-e Mahane-ye Dini” (“Organizzazione religiosa mensile”). I membri di questo gruppo, che includeva il martire Ayatullah Beheshti (q.d.s.), un compagno-studente di Motahhari a Qom, organizzavano mensilmente lezioni pubbliche con l’obiettivo simultaneo di dimostrare la preoccupazione dell’Islam nei confronti delle questioni contemporanee e stimolare un pensiero rinnovatore tra gli Ulamà. Le lezioni venivano stampate sotto il titolo di “Goftar-e-Mah” (“Discorso del mese”) e divennero molto popolari, ma il governo le bandì nel Marzo del 1963, quando l’Imam Khomeyni iniziò la sua denuncia pubblica del regime Pahlavi.

Uno degli eventi più importanti, di natura simile, fu nel 1965 la fondazione della Hosseyniyeh Ershad, un’istituzione a nord di Teheran creata per avvicinare i giovani che avevano ricevuto un’educazione secolare, all’Islam. Motahhari era tra i membri del direttivo; egli inoltre insegnava presso la Hosseyniyeh Ershad e curava e contribuiva a differenti sue pubblicazioni. Questa istituzione fu abile nell’attirare un gran numero di persone alle sue attività, ma tale successo – che senza dubbio sorpassò le aspettative dei fondatori – venne oscurato da diversi problemi interni. Uno di questi era il contesto politico delle attività dell’istituto, che sollevò differenti opinioni sull’opportunità di passare da insegnamenti di riforma a un confronto politico.

Le parole giocano in generale un più efficace e immediato ruolo nel promuovere cambiamenti rivoluzionari rispetto agli scritti, e sarebbe possibile comporre un’antologia dei sermoni, discorsi e lezioni chiave che hanno portato avanti la Rivoluzione Islamica dell’Iran. Ma il chiarimento del contenuto dottrinale della Rivoluzione, la sua demarcazione da scuole di pensiero oppositrici o concorrenti è dipesa necessariamente dalle parole scritte, dalla composizione di opere che espongono la dottrina islamica in forma sistematica, con particolare attenzione a questioni e problemi contemporanei.

In questa area, il contributo di Motahhari fu unico nella sua portata intellettuale e negli obiettivi; egli infatti scrisse in maniera assidua e continua, dai giorni in cui era studente a Qom fino al 1979, l’anno del suo martirio. Gran parte della sua opera venne segnata dalla stessa enfasi e dal tono filosofico già menzionati, e probabilmente ritenne come il suo più importante lavoro Usul-e Falsafe va Ravesh-e Re’alism (“I principi della filosofia ed il metodo del realismo”), una serie di annotazioni delle lezioni di Tabataba’i del giovedì pomeriggio a Qom, con a margine i commenti di Motahhari. Egli non scelse però gli argomenti delle sue opere in accordo al proprio interesse personale o alla propria predilezione, ma alla sua percezione delle necessità; ovunque mancasse un’opera su argomenti vitali d’interesse islamico contemporaneo, Motahhari cercò di colmarne il vuoto.

Da solo ha realizzato la costituzione dei principali elementi della biblioteca islamica contemporanea. Opere come ‘Adl-e Elahi (“La Giustizia Divina”), Nezam-e Hoquq-e Zan dar Eslam (“Il sistema dei diritti delle donne nell’Islam”), Mas’ale-ye Hejab (“La questione del hijab”), Ashna’i ba Ulum-e Eslami (“Un’introduzione alle scienze Islamiche”) e Moqaddame’i bar Jahanbini-ye Eslami (“Un’introduzione alla visione islamica del mondo”) erano tutte concepite per colmare una necessità, contribuire ad un’accurata e sistematica comprensione dell’Islam e dei problemi della società islamica.

Queste opere possono essere ritenute come il più duraturo e importante contributo alla rinascita dell’Iran Islamico, ma la sua attività possedeva anche una dimensione politica che, sebbene subordinata, non deve essere ignorata. Mentre era studente e neo-insegnante a Qom egli aveva cercato di instillare la consapevolezza politica nei suoi contemporanei ed era particolarmente vicino ai membri di Fadaiyan-e Eslam, l’organizzazione militante islamica fondata nel 1945 dal martire Seyyed Nawwab Safawi.

Il quartier generale dei Fadaiyan a Qom era la Madreseh Feyziyeh, dove lo stesso Motahhari risiedeva, ed egli cercò invano di prevenire la loro rimozione dalla Madreseh da parte dell’Ayatullah Burujerdi, che era risolutamente contrario ad ogni confronto politico diretto contro il regime dello Shah.

Durante la lotta per la nazionalizzazione dell’industria petrolifera iraniana Motahhari simpatizzò con gli sforzi dell’Ayatullah Kashani (q.d.s.) e di Muhammad Mosaddeq, sebbene criticasse quest’ultimo per la sua adesione al nazionalismo secolare. Dopo il suo trasferimento a Teheran Motahhari collaborò con il “Movimento della Libertà” di Bazargan e dell’Ayatullah Taleqani, senza divenirne però una delle figure guida.

Il suo primo serio confronto con il regime dello Shah avvenne durante il sollevamento del 15 di Khordad 1342 (6 Giugno 1963), quando egli si presentò pubblicamente come seguace, tanto politico quanto intellettuale, dell’Imam Khomeyni, distribuendo le sue dichiarazioni ed invitando ad appoggiarlo nei sermoni da lui tenuti, e per questo venne arrestato e imprigionato per trentatré giorni8.

Dopo il suo rilascio partecipò attivamente alle attività di varie organizzazioni sorte per mantenere il momentum che era stato creato dal sollevamento, la più importante delle quali era l’“Associazione dei Sapienti Religiosi Militanti” (Jame-ye Rohaniyat-e Mobarez). Nel Novembre del 1964 l’Imam Khomeyni entrò nei suoi quattordici anni di esilio, passati dapprima in Turchia e in seguito a Najaf (Iraq), e durante questo periodo Motahhari rimase in contatto con l’Imam Khomeyni in vari modi, anche visitando Najaf; e quando la Rivoluzione Islamica raggiunse il suo apice nell’inverno del 1978 e l’Imam Khomeyni lasciò Najaf per Parigi, Motahhari fu tra coloro che si recarono in Francia per poterlo incontrare e consultare. La sua vicinanza all’Imam Khomeyni venne confermata dalla sua designazione nel Consiglio della Rivoluzione Islamica, della cui esistenza l’Imam diede annuncio il 12 Gennaio 1979.

I servigi di Motahhari alla Rivoluzione Islamica vennero brutalmente interrotti dal suo assassinio il 1° Maggio 1979. L’omicidio venne eseguito da un gruppo conosciuto come Furqan9 che si proclamava rappresentante di un “Islam progressista”, libero dalla supposta influenza distorta dei sapienti religiosi. Sebbene Motahhari nel momento del suo assassinio fosse il presidente del Consiglio della Rivoluzione Islamica, era in realtà il pensatore e scrittore che veniva martirizzato.

Nel 1972 Motahhari pubblicò un’opera intitolata “Elal-e Gherayesh be Maddigari” (“Ragioni dell’attrazione del materialismo”), un importante lavoro di analisi del retroterra storico del materialismo in Europa e in Iran. Durante la Rivoluzione egli scrisse un’introduzione all’ottava edizione di questa opera, attaccando le distorsioni subite dal pensiero di Hafez e Hallaj che erano diventate di moda in alcuni segmenti della società iraniana e rifiutando certe interpretazioni materialistiche del Corano. La fonte di queste interpretazioni era il gruppo Furqan, che cercava di negare concetti coranici fondamentali come la trascendenza divina e la realtà dell’aldilà. Come sempre in questi casi, il tono di Motahhari era persuasivo e stimolante, privo di rabbia o condanna, ed egli invitò inoltre Furqan e le altre parti interessate a una risposta, e a commentare quanto aveva scritto. La loro sola risposta fu la pistola.

La minaccia di assassinare tutti coloro che gli si opponevano era già contenuta negli scritti di Furqan, e dopo la pubblicazione della nuova edizione di “Elal-e Gherayesh be Maddigari”, Motahhari ebbe apparentemente alcune premonizioni del suo martirio. Secondo la testimonianza di suo figlio, Mojtaba, un certo tipo di distaccamento dalle questioni mondane divenne visibile in lui; incrementò le sue preghiere notturne e la lettura del Corano, ed ebbe un sogno nel quale si trovava in presenza del Profeta (S), insieme all’Imam Khomeyni (q.d.s.).

Martedì 1° Maggio 1979 Motahhari si trovava nella casa di Yadullah Sahabi in compagnia di altri membri del Consiglio della Rivoluzione Islamica. Intorno alle 22.30, insieme a un altro partecipante all’incontro, l’ingegnere Katira’i, lasciò la casa di Sahabi. Camminando in una via adiacente dove era parcheggiata l’auto, Motahhari improvvisamente sentì una voce sconosciuta chiamarlo. Si guardò attorno per vedere da dove provenisse e, non appena lo fece, una pallottola lo colpì in testa, penetrando sotto l’orecchio destro e uscendo dal sopracciglio sinistro. Morì quasi all’istante, e sebbene venne portato nel vicino ospedale, non rimase altro da fare che piangere per lui. Il corpo rimase in ospedale il giorno seguente, e poi il giovedì mattina venne portato per le preghiere funebri prima all’Università di Teheran e poi a Qom, dove venne sepolto vicino la tomba di Shaykh ‘Abdul Karim Ha’eri (q.d.s.), all’interno del sacro mausoleo dedicato alla nobile Fatima Ma’sumah (A).

L’Imam Khomeyni (q.d.s.) pianse apertamente quando Motahhari venne seppellito a Qom, e lo descrisse come un suo “caro figlio”, “il frutto della mia vita” e “parte della mia carne”. Ma nel suo comunicato l’Imam Khomeyni ribadì anche che con l’uccisione di Motahhari né la sua personalità ne aveva risentito, né il corso della Rivoluzione veniva interrotto:

“Lasciate che i malvagi sappiano che con la dipartita di Motahhari – la sua personalità islamica, la sua filosofia e conoscenza, non ci hanno lasciati. Le uccisioni non possono distruggere la personalità islamica dei grandi uomini dell’Islam…L’Islam cresce attraverso il sacrificio e il martirio dei suoi cari. Dal tempo della rivelazione a quello presente, l’Islam è sempre stato accompagnato dal martirio e dall’eroismo”.10

La personalità e l’eredità dell’Ayatullah Motahhari sono certamente indimenticabili nella Repubblica Islamica, al punto che la sua presenza post-mortem, attraverso il suo pensiero, ha influito quasi tanto quanto il suo operato in vita. L’anniversario del suo martirio è regolarmente commemorato, celebrato come il “Giorno del Maestro”, con il suo ritratto onnipresente in tutto l’Iran. Molti dei suoi scritti inediti sono stati stampati per la prima volta, e l’intero corpus delle sue opere è ora distribuito e studiato su larga scala. Nelle parole dell’Ayatullah Khamenei, l’attuale Guida della Rivoluzione Islamica, le opere di Motahhari costituiscono “l’infrastruttura intellettuale della Repubblica Islamica”.

Sono pertanto in corso sforzi per promuovere la conoscenza degli scritti di Motahhari al di fuori del mondo di lingua persiana, e il Ministero della Guida Islamica sta sponsorizzando la traduzione dei suoi lavori in differenti lingue.

In un certo senso, comunque, sarà più consono alla memoria di Motahhari se l’Iran rivoluzionario dimostrasse la capacità di costruire una politica, una società, un’economia e una cultura autenticamente e integralmente islamiche, poiché la vita di Motahhari fu orientata verso un obiettivo che trascende le motivazioni individuali e il suo martirio fu l’espressione finale di questa sua attitudine personale.

Fonte: al-islam.org.



  1. Abbreviazione dell’eulogia araba “quddisa sirruhu”, che significa letteralmente “sia santificato il suo segreto”. Questa eulogia viene utilizzata dopo la menzione dei sapienti più pii del passato, specialmente di coloro la cui conoscenza non si limitava soltanto a quella dello studio formale ma anche a quella di tipo più profondo e spirituale.

  2. Questa breve biografia della vita e delle opere dell’Ayatullah Motahhari è basata principalmente su “Seyri dar Zendeghi-ye ‘Elmi va Enqelabiye Ostad Shahid Morteza Motahhari” di Muhammad Wa’izzada Khurasani’ (in Yadname-ye Ostad Shahid Morteza Motahhari, ed. ‘Abdul Karim Surush, Tehran, 1360 Sh./1981, pp. 319-380), un articolo ricco di informazioni su molti aspetti della recente storia dell’Iran Islamico. Si è fatto riferimento anche all’articolo di Mojtaba Motahhari “Zendeghi-ye Pedaram”, in Harakat (giornale degli studenti della Facoltà di Teologia di Tehran), n. 1 (n.d.), pp. 5-16; M. Hoda, In Memory of Martyr Motahhari, un opuscolo pubblicato dal Ministero della Guida Islamica, Tehran, Aprile, 1982; e all’introduzione autobiografica dell’Ayatullah Motahhari all’ottava edizione di `Elal-e Gherayesh be Maddigari; Qom, 1357 Sh./1978, pp. 7ff.

  3. Il testo, dopo la vittoria della Rivoluzione Islamica, è stato tradotto e pubblicato in differenti lingue, tra le quali l’inglese, il francese e lo spagnolo.

  4. `Elal-e Gherayesh be Maddigari, Pag. 9.

  5. Si tratta della “scienza dei principi” (‘ilm al-usul) o dei “principi di giurisprudenza” (usul al-fiqh), una materia di natura prevalentemente razionale che si occupa di stabilire le regole generali attraverso le quali sarà poi possibile dedurre i precetti specifici della giurisprudenza islamica. In ambito sciita, le prime opere inerenti a questa scienza di cui si hanno notizie risalgono a Hisham Ibn Hakam, un compagno dell’Imam al-Sadiq (A), e a Yunus Ibn ‘Abdul-Rahman, discepolo dell’Imam al-Ridha (A).

  6. Ibid.

  7. L’autorevole dichiarazione che riflette questa opinione venne fatta da Sayyid Qutb nel suo Khasa’is al-Tasawwur al-Islami wa Muqawwimatuhu(Cairo, numerose edizioni), opera che era stata tradotta in persiano ed ebbe una certa influenza sulle idee riguardanti la filosofia.

  8. Il nome di Motahhari era il nono in una lista di sapienti religiosi che erano stati arrestati preparata dall’ufficio del pubblico ministero militare nel Giugno del 1963. Cfr. Il facsimile della lista è in Dihnavi, Qiyam-e Khunin-e 15 Khordad 42 be Revayat-e Asnad, Tehran, 1360 Sh./1981, Pag. 77.

  9. Il gruppo terroristico Furqan, guidato da Akbar Gudarzi, iniziò la sua attività nel 1977. Questo gruppo martirizzò, oltre all’Ayatullah Motahharī, tra gli altri, il Capo di Stato Maggiore Qarani, e fu responsabile di un tentativo di assassinio dell’Ayatullah al-Udhma Seyyed ‘Ali Khamenei, che grazie a Dio scampò all’attentato. Nei comunicati pubblicati da questo gruppuscolo i suoi esponenti affermavano di esser seguaci del pensiero di ‘Ali Shari’ati per giustificare il loro pseudo-islam marxista.Come ha rilevato il professore Hamid Algar (docente presso l’Università di Berkeley), profondo e diretto conoscitore dell’Iran pre e post rivoluzionario, questo gruppuscolo era una “chiara creazione della C.I.A. e degli Stati Uniti”, ricordando come nei primissimi tempi della Rivoluzione Islamica l’allora ambasciatore statunitense a Teheran invitò un certo numero di accademici affinché lo informassero su alcuni argomenti di particolare interesse, tra i quali Shari’ati e il suo pensiero, e che la C.I.A. aveva assunto alcune donne per preparare una traduzione completa in inglese dei lavori di Shari’ati a “consumo interno” del Dipartimento di Stato USA e dei servizi segreti. Cfr. “The Islamic Revolution in Iran“, pag. 42, trascrizione di quattro lezioni del professor Hamid Algar al “Muslim Institute” di Londra, stampato da Kalim Siddiqui, 1980; ristampato recentemente da “Ansariyan Publications”, Qom, Iran).

  10. Testo della dichiarazione dell’Imam Khomeyni in Yadnama-ye Ostad Shahid Morteza Motahhari, pp. 3-5.

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